“La mia storia per DEA” di Antonia Rinaldi

“La mia storia per DEA” di Antonia Rinaldi

Ciao! Sono il Capitano dell’Esercito Italiano Antonia Rinaldi, ho 27 anni e sono una foggiana doc. Scrivo queste poche righe per raccontarvi, a cuore aperto, la mia esperienza di vita e per cercare di comunicarvi quanto sia innamorata della mia professione!

I miei genitori non avrebbero mai pensato che la loro unica figlia sarebbe diventata Ufficiale dell’Esercito, ma, dopo una felicissima infanzia e un’avvincente adolescenza, la giovane donna che ero diventata parlava da sé. Determinazione, grinta, serietà, ambizione, propensione allo sport e allo studio, fermezza e forza di volontà, erano queste le qualità che a 18 anni, dopo il diploma scientifico, mi guidarono naturalmente verso questa scelta di vita.

Nulla di tutto ciò sarebbe accaduto però, se mia mamma non ci avesse messo lo zampino! Lo ricordo come fosse adesso. Durante il 4° anno di Liceo Scientifico, a 17 anni, stavo attraversando un periodo in cui la mia mente era attanagliata da una importantissima domanda: “Cosa farò dopo il Liceo? Quali studi intraprenderò? Per cosa sono più portata?”. Pensavo e ripensavo a diverse opzioni ma nessuna mi convinceva davvero. Avvertivo soltanto il desiderio di voler fare “qualcosa di diverso”, “qualcosa di importante per me e per gli altri”. E dopo qualche tempo, mentre mia mamma raccontava di un suo conoscente che al termine degli studi aveva deciso di arruolarsi, questo “qualcosa” prese finalmente forma! In quel momento capii che anche io avrei dedicato la mia vita al servizio della Patria e misi tutta me stessa nel perseguimento di questo meraviglioso obiettivo.

Non troppo tempo dopo, infatti, entrai nella schiera degli Allievi dell’Accademia Militare. Per due anni ho respirato a pieni polmoni la realtà intrisa di tradizioni, storia, valori, di cui l’Accademia è custode integerrima. Non senza difficoltà ho affrontato quelle intense giornate che, tra addestramenti e studi universitari, mi hanno fatto scontrare con i miei limiti, fino a quel momento sconosciuti, credendo a volte di non farcela. Ma la stessa condivisione di questi momenti con altri ragazzi come me, l’aiuto reciproco istauratosi tra noi, mi hanno sorretto dal primo all’ultimo giorno, regalandomi dei legami indissolubili che porto gelosamente con me ancora oggi.

Al termine del biennio di formazione presso l’Accademia Militare, ho finalmente ricevuto il grado di Sottotenente, entrando così nel ruolo Ufficiali e ho completato i miei stuti presso la Scuola di Applicazione dell’Esercito a Torino conseguendo la Laurea in Scienze Strategiche con il massimo dei voti.

Quando ho lasciato Torino, ero un Tenente dell’Arma delle Trasmissioni pronta a iniziare la sua attività di comando di plotone. Perché, dovete sapere, che gli Ufficiali non sono “tutti uguali”, ma ognuno di noi è stato formato in una branca specifica da cui consegue l’appartenenza ad una determinata Arma. In breve posso dirvi che l’Arma delle Trasmissioni, tramite l’impiego di personale qualificato, l’utilizzo di apparati dedicati e l’incessante aggiornamento per restare al passo con la tecnologia, consente ad ogni comandante di comunicare con le proprie truppe in maniera veloce, efficace e soprattutto sicura, permettendogli di espletare la propria funzione di comando e controllo.

La mia prima assegnazione è stata presso l’11° Reggimento Trasmissioni in qualità di comandante di plotone. In questo periodo ho potuto affinare le mie conoscenze e continuare il mio addestramento militare che ho potuto efficacemente mettere in pratica in due occasioni: la partecipazione alla missione a supporto nazionale “Strade Sicure” e la missione all’estero in Teatro Operativo “Kosovo Force”. Due esperienze che hanno contribuito ad accrescere il mio bagaglio sia professionale che culturale, permettendomi un fruttuoso confronto con culture ed eserciti diversi.

Dopo due anni sono stata chiamata a comandare il plotone Allievi presso l’Accademia Militare con il delicato compito di formare e addestrare i cadetti, futuri Ufficiali, come lo ero stata io qualche tempo prima.

Nel 2020 lascio nuovamente Modena, da giovane Capitano, per recarmi a Milano presso  il 1° Reggimento Trasmissioni, che ha il peculiare compito di fornire tutte le funzioni C4 (comando controllo comunicazione e computer) al Corpo d’Armata “Nato Rapid Deployable Corps”. Il nuovo incarico che sono chiamata a ricoprire, da comandante di compagnia, è sicuramente il più coinvolgente, faticoso, avvincente e stimolante della carriera degli ufficiali. Gestire una compagnia di circa 130 militari, la cura dei mezzi e dei materiali, l’addestramento e l’aggiornamento costante sono attività che impongono una adeguata fase di pianificazione, in cui si devono considerare tutte le variabili che possono verificarsi e, a seguire, una fase di condotta quanto più efficace e fruttuosa possibile per portare a termine gli obiettivi prefissati.  Negli ultimi mesi queste sfide sono diventate ancor più delicate poiché, come tutto il mondo, stiamo convivendo con la pandemia. Il 1° Reggimento Trasmissioni ha aiutato la popolazione in maniera determinante in questo difficile periodo, supportando le Istituzioni Civili e creando in soli 3 giorni il drive-through più grande d’Europa.

Come si può dedurre dal riassunto della mia vita, spero abbastanza chiaro, ho scelto un percorso professionale decisamente esigente, ma non per questo impossibile. Non avverto la fatica di questi trasferimenti o di trascorrere diversi mesi all’ estero, poiché faccio ciò che mi piace, che mi appassiona ogni giorno.
Sapete, quando si ama qualcosa o qualcuno, l’amore e le emozioni che ci regala vanno ben oltre i difetti che questo qualcosa o qualcuno possa avere. Con questo pensiero mi collego anche alla sfera privata. Il mio lavoro non è mai stato d’intralcio ai miei rapporti personali ma, anzi, le persone che mi vogliono bene comprendono perfettamente ciò che sono chiamata a fare e mi spronano affinché io faccia sempre del mio meglio. Vi state anche chiedendo se essere un comandante, donna, sia ancora più complesso? La risposta è assolutamente no. La serietà e la maturità professionale degli uomini e delle donne che fanno parte della grande famiglia dell’Esercito fanno sì che la differenza di sesso non rientri minimamente nelle dinamiche e nei rapporti lavorativi. Per riderci un po’ su, se dovessi ricercare l’unica difficoltà dell’essere donna è che quando indosso abiti borghesi, con i capelli sciolti e un po’ di trucco, i miei colleghi e collaboratori fanno fatica a riconoscermi!
Concludendo, se dovessi immaginarmi tra qualche anno, non nego il desiderio di voler creare una famiglia, anche numerosa! Nella vita sono convinta che “volere è potere” e, non senza sacrifici e con un partner che mi supporti e mi sostenga, potrò raggiungere anche questo traguardo.
Ora devo lasciarvi perché sono in poligono, pronta per iniziare un’attività a fuoco con i miei uomini e donne!
Ma ricordate: La chiave della felicità è riempire la propria vita di cose e persone che si amano incondizionatamente e coltivare il proprio entusiasmo come una pianta meravigliosa.